lunedì 3 dicembre 2012
Viaggio in Giappone - Guida di Osaka
Non mi soffermo sul lato sicurezza, Osaka come tutto il Giappone è una città sicurissima con criminalità quasi zero. E un consiglio: non ascoltate ciò che dicono gli abitanti della parte nord del Giappone riguardo la città, non è l'inferno...
Molti turisti considerano Osaka una meta secondaria, infatti spesso non viene inclusa nelle varie tappe del tour, ma credo sia un grande errore. E' vero forse che Osaka non colpisce il turista al primo impatto come potrebbe accadere per Tokyo, ma la sua anima è viva e credo più forte di quella della capitale. Infatti la mia opinione è che Osaka sia una città da vivere, non sono sufficenti quei 3-4 giorni per assaporarla appieno. Qualche giorno in giro per la città e potrete notare quanto i suoi abitanti siano più solari e vivaci. Ricordo che la prima volta che andai a Osaka qualche anno fa rimasi colpito proprio da questa loro caratteristica. Abituato ai ritmi di Tokyo, pensai subito che erano vere le 'leggende' sugli abitanti di questa città, ovvero (come spesso dicono gli abitanti di Tokyo) che sono persone rumorose e che parlano tanto. Non sto dicendo che gli abitanti di Tokyo sono muti e taciturni e quelli di Osaka più vivi, attenzione, ma in generale (voglio sottolineare le ultime due parole) a Osaka c'è un'atmosfera più rilassata tra le persone.
Una cosa che mi piace tantissimo di questa città è che si trova nel cuore dell'area del Kansai, e in pochi minuti di treno è possibile andare a Kyoto, Nara, Kobe, Himeji, Wakayama...
Comunque, in tutto il mondo le zone meridionali sono più colorite e calde, si sa. E la stessa cosa vale per il Giappone. Tornando alla città, i luoghi di interesse turistico non sono molti; i più famosi sono il Castello di Osaka, la zona chiamata Dotombori, la Denten Town, l'area di Tennoji, Osaka e Namba. Ma ci sono molti posti piccoli e nascosti nella città che vi faranno respirare un'aria quasi da paesino di provincia, con le persone sconosciute che vi saluteranno e vi intratterranno (a patto di parlare giapponese o un po' di inglese) nel loro cordiale e simpatico Osaka-ben (dialetto di Osaka).
Cercherò di elencare i posti che più mi sono piaciuti, ma sono sicuro che ce ne siano tanti altri da scovare.
Iniziando dal simbolo della città, il Castello, luogo dove si è combattuta l'ultima battaglia che ha portato i tokugawa e Edo a governare il Giappone. Questa è una recente ricostruzione dell'originale e l'area intorno all'edificio è bellissima, c'è un grande parco dove i giapponesi vanno per rilassarsi, passare una giornata tranquilla, correre, portare i bambini o solo passeggiare. Nella zona meridionale del parco sorge un santuario, Hokoku Jinja, dedicato a Toyotomi Hideyoshi, uno dei tre riunificatori del paese che ne ordinò la costruzione. Vicino al castello c'è un giardino con molti alberi di ciliegio, pruni e tanti tipi di fiori che in primavera e autunno offre uno spettacolo mozzafiato grazie alle fioriture che iniziano verso la metà di febbraio. Salendo verso l'edificio principale, si potrà ammirare anche uno scorcio molto bello e moderno, con dei grattacieli che scintillano al sole come specchi. Per entrare nel museo del Castello di Osaka si paga 600 yen, è aperto tutti i giorni tranne per il periodo di Capodanno (28 Dicembre - 3 Gennaio), dal mattino fino alle 17. In tutto il Giappone gran parte dei musei chiude proprio a quest'ora. Per arrivare, potete scendere alla stazione Osakajo-koen della linea Kanjosen, alla stazione Osaka Business Park della linea Nagahori Tsurumi-ryokuchi, alla stazione Tanimachi 4-Chome della linea Chuo o a Morinomiya, sempre linea Chuo. Io in particolare preferisco quest'ultima, perchè vi permette di accedere direttamente dalla parte più bella del parco. Per andare via invece vi consiglio la seconda, così da avere il contrasto tra antico e moderno.
Uno dei templi più importanti della città è il Tennoji, che da il nome anche alla circoscrizione dove sorge. Una visita in questo tempio è un dovere, così come lo è una visita nell'area circostante, ricca di stradine e piccoli negozi dove potrete anche gustare tipico cibo della zona a prezzi economici.
Osaka è stata completamente distrutta da varie guerre, soprattutto quelle del XX secolo, perciò è una città molto moderna. Spiccano lo Umeda Sky Building, un grattacielo che da lontano sembra un robot e che è accessibile fino all'ultimo piano, che non è al chiuso ma all'aperto! Qui si recano molti innamorati a lasciare dei lucchetti come simbolo del loro amore (un po' il Ponte Milvio giapponese!) e potrete godere di un meraviglioso panorama della città e, se il tempo ve lo permetterà, è possibile anche scorgere il ponte di Akashi, il ponte sospeso più lungo del mondo, che collega Kobe con l'isola di Shikoku. Un consiglio, andate al tramonto, così da poter ammirare la città che si accende e accompagnare il sole al tramonto. Per arrivare, basta una camminata di qualche minuto dalla stazione di Osaka o da quella di Umeda.
La stazione di Osaka è stata recentemente ricostruita, adesso è un vero gioiello architettonico, con negozi, ristoranti e molti punti informazione. Accanto all'ingresso principale potrete scorgere un orologio ad acqua che vi terrà impegnati almeno 15 dei vostri minuti in terra giapponese.
Dotombori è una zona commerciale, ci sono diversi viali pedonali coperti con centinaia di negozi di ogni tipo e ristoranti molto buoni. Scendete alla stazione di Shinsaibashi, linea Midosuji, e lasciatevi trascinare dalla folla, camminate, guardate, comprate, rilassatevi. Però attenti il fine settimana, c'è una grandissima folla e potrebbe risultare un po' scocciante se non amate trovarvi tra migliaia di persone in pochi metri quadrati... Qui c'è uno dei panorami più famosi della città, con la grande insegna della Glico e il canale, molto suggestivo di sera.
Sul lato opposto di Dotombori si trova l'Amerika-mura, una zona molto occidentalizzata (come tra l'altro suggerisce il nome stesso), ma che vale la pena visitare.
Nei pressi di Dotombori sorge la Tsutenkaku, una torre costruita agli inizi del '900 che ancora oggi simboleggia la città, anche se non è la massima espressione di bellezza. Comunque, dall'ultimo piano potrete ammirare un'altra visuale dall'alto della città molto suggestiva.
Tutta quest'area è molto turistica, quindi una passeggiata di qualche ora ve la consiglio. Potrete poi arrivare a alla stazione di Namba, gironzolare ancora e prendere il treno per la prossima meta del vostro viaggio in città.
Non lontano da Namba c'è la DenTen Town, la città elettrica (una piccola Akihabara in pratica); appassionati di elettronica e manga, fiondatevici, non ve ne pentirete!
Se viaggiate con dei bambini, allora Osaka è la città che fa per voi e una meta obbligatoria è l'Acquario Kaiyukan, uno dei più grandi al mondo e l'unico ad ospitare uno squalo balena! Dopo l'acquario, se volete potete andare alla Cosmo Tower, un nuovo grattacielo (tra i più alti di tutta l'Asia) dalla cui cima è possibile ammirare la città dall'alto nella sua interezza. Accanto a questo edificio sorge il più grande autlet alimentare che potrete mai trovare. Andate, non vi rovino la sorpresa.
A nord della città (siamo a Settsu city), c'è il Banpaku Kinen Koen, il parco che ospitò l'EXPO del 1970. Io personalmente non ci sono stato per vari motivi, anche se volevo andare, però se avete tempo una visita ve la consiglio. Unico problema è l'accessibilità, infatti è un po' lontano dal centro di Osaka e ci vuole un po' per arrivare.
Riguardo al cibo, Osaka è famosa in tutto il Giappone per la sua cucina. Non potrete lasciare la città senza aver fatto almeno una scorpacciata di Takoyaki e Okonomiyaki, i piatti più famosi insieme al Fugu, il pesce palla. Sono sincero, la prima volta che l'ho mangiato ero un po' preoccupato, perchè contiene una tossina mortale per l'uomo e solo pochi qualificati cuochi possono prepararlo, ma se troverete il coraggio di assaggiarlo non ve ne pentirete.
Mi sono limitato a guidarvi per Osaka in poche parole, accennando ai luoghi di maggiore interesse senza approfondire troppo. Per il resto lascio a voi l'esplorazione, chissà se sarete fortunati come me e scoprirete altri e altri posti magici.
Vi assicuro che queste poche righe non mostrano che una piccola percentuale di questa stupenda città che, se la vivrete con il giusto spirito, vi darà tante e tante soddisfazioni.
giovedì 28 giugno 2012
Viaggio in Giappone: Tokyo - Guida di Ginza e dintorni
Il monumento storico forse più importante di Ginza è il teatro Kabuki, ma purtroppo è in ristrutturazione da un paio di anni e non sarà riaperto al pubblico prima del 2013.
Ginza è il quartiere dello shopping di lusso di Tokyo, qui potrete trovare tutti i più grandi marchi di moda e non solo, da Armani a Valentino, passando per Dolce & Gabbana.
Da visitare, sempre riguardo allo shopping, ma non solo, vi consiglio il Sony Building, un palazzo multipiano completamente dedicato alla teconologia di casa Sony. Qui è possibile sia acquistare prodotti del famoso brand, sia testare ed osservare quei prodotti che ancora non sono stati immessi nel mercato. Inoltre, all'ultimo piano potrete godere di un cinema 3D completamente gratuito.
A Ginza ci sono molti centri commerciali, tra cui spiccano il Wako e il Mitsukoshi, che non faticherete a trovare. Il Wako è un grande edificio che fa angolo tra due strade e che è sormontato da un orologio simile a una torretta. Andate anche qui e potrete provare l'esperienza del centro commerciale giapponese.
Un negozio che sono sicuro molti di voi ameranno è Itoya, una grande cartoleria che vende di tutto e di più (sempre rimanendo nel mondo della carta). Questo negozio, con l’insegna in una grande spilla rossa, vende determinati prodotti in ogni piano: dai colori alla carta giapponese washi, e potrete trovare anche simpatici oggetti per il vostro ufficio. E' facilmente raggiungibile, cercate la grande spilla rossa vicino a Bulgari, lungo la Chuo dori, nei pressi dell'uscita A13 della stazione di Ginza.
Ma Ginza non è solo shopping: ci sono diverse gallerie d'arte, soprattutto moderna e contemporanea, che periodicamente espongono lavori di artisti vari. Tra queste, una delle più importanti è senza dubbio la Nichido Garo, dove espongono anche artisti europei e americani. Situata vicino l'uscita B9 della metropolitana Ginza Line, per arrivare continuate a camminare nella stradina fiancheggiata dal Sony Building e dai palazzi in vetro di Hermes, la troverete sulla vostra destra dopo poche decine di metri (è un palazzo color rosso scuro-marrone), noterete la vetrina con alcune opere esposte.
Per mangiare, se volete provare dei tipici ristorantini giapponesi rustici, recatevi verso nord lungo la Harumi dori (all'incirca uscita C1della stazione di Ginza), girate a sinistra all'angolo col negozio chiamato Ciro, andate sempre dritti finchè non dovrete passare sotto a un ponte. Qui ci sono diversi ristoranti e bar, a voi la scelta! Fatevi consigliare dal vostro appetito.
Nei pressi di Ginza ci sono altre diverse attrattive. Se amate l'architettura contemporanea, non potete mancare una visita al Tokyo International Forum: per arrivare, da Ginza a piedi ci vogliono circa 15 minuti, oppure scendete alla fermata Yurakucho della Yurakucho Line o della Yamanote. Dall'uscita D5 non faticherete a trovarlo. Questo edificio, ispirato a una nave, contiene migliaia di sale e viene utilizzato per i motivi più disparati. Sicuramente è un bellissimo esempio di architettura.
A pochi passi dalla stazione di Yurakucho (ma anche dalla stessa Ginza) c'è un parco molto carino, l'Hibiya koen. Se avete tempo e volete rilassarvi con un po' di verde, antate.
Sempre nei pressi di Ginza, ma un pochino più distante, c'è uno dei giardini più belli della città. Non saranno le sue dimensioni a lasciarvi stupiti, ma la sua tranquillità e natura. Questo è lo Hamarikyu-teien, raggiungibile sia con la crociera lungo il fiume Sumida sia con la metropolitana: Ginza Line o Asakusa Line, fermata Shinbashi; linea Toei Oedo, fermate Tsukijishijo. Dalle stazioni vi basterà camminare per meno di 10 minuti; se non avete con voi una mappa, chiedete al personale della metropolitana, vi indicheranno l'uscita e il percorso per arrivare. Questo era il giardino fatto costruire dalla casata Tokugawa nel XVII secolo e penso che non possa mancare una visita, benchè molti turisti lo tralasciano. L'ingresso è a pagamento, circa 300 yen, ma ne vale la pena se amate i giardini giapponesi.
A pochi passi dal giardino c'è un edificio che potrebbe riassumere ciò che il Giappone è in termini di innovazione e si, anche in pazzia (in senso buono, ovviamente). Questo è chiamato Nagakin ed è stata una idea degli anni '70 di creare degli edifici smontabili. E' molto particolare, andateci, vi divertirete, anche perchè è veramente vicino al giardino. Lo troverete facilmente, usciti dal giardino seguite la strada sulla vostra sinistra, vedrete questo palazzo cubico con un insegna rossa in cima che recita appunto Nagakin (in caratteri giapponesi).
In questa zona c'è anche il famosissimo mercato del pesce di Tsukiji. Considerato uno dei mercati ittici più grandi del mondo, è un'ottima esperienza da vivere se avete passato una nottata all'insegna del divertimento e non volete tornare in hotel. Infatti il mercato apre verso le 4 del mattino ed è possibile anche partecipare all'asta dei tonni, a patto che stiate in un angolino in rispettoso silenzio. Naturalmente la vista di tutto quel pesce vi metterà fame, e per fortuna a pochi passi dal mercato ci sono molti ristoranti specializzati in pesce, sushi e sashimi. E' difficile consigliarne qualcuno, ce ne sono tantissimi, fate un giro nei vicoletti, quando ne troverete uno che vi ispira entrate. Vi consiglio di assaggiare il sushi di Otoro, la parte grassa del tonno. Costa un po', ma va mangiato almeno una volta nella vita. Per arrivare al mercato, aspettate che partano i primi treni della Oedo Line e scendete alla stazione Tsukijishijo, uscita A1.Di fronte a voi noterete anche un grande edificio color sabbia, non è altro che la sede del Mainichi Shinbun, un popolare quotidiano giapponese.
lunedì 25 giugno 2012
Viaggio in Giappone: Tokyo - Guida di Roppongi
venerdì 22 giugno 2012
Viaggio in Giappone>Tokyo - Guida di Odaiba
giovedì 21 giugno 2012
Viaggio in Giappone: Tokyo - Guida di Ueno
mercoledì 20 giugno 2012
Viaggio in Giappone: Tokyo - Guida di Akihabara
Il primo e più grande Gundam Cafè si trova proprio ad Akihabara, quindi se volete pranzare o cenare oppure soltanto bere qualcosa e siete appassionati del genere, non potete non andarci! L'uscita è sempre quella Electric Town Exit, una volta qui basterà chiedere a qualsiasi passante dove si trova il Gundam Cafè (a causa delle ovvie difficoltà linguistiche, è sufficente anche dire solo il nome del bar) e in pochi minuti arriverete!
Se invece che girare a destra, continuate a camminare a sinistra del Club Sega, arriverete davanti a una salagiochi multipiano della Sega. Qui, a differenza della prima dove ci sono quasi solo UFO Catcher, ci sono tanti e tanti videogiochi! Sarà divertente cimentarsi in un 1VS1 con un giapponese! Non è difficile da trovare, vedrete subito le insegne sul palazzo. Ancora, se vi piacciono questo tipo di intrattenimenti, proseguite verso la destra del Club Sega e troverete un Taito Station, simile al Club Sega.
Altra meta immancabile soprattutto per i grandi fan del mondo degli anime è il Tokyo Anime Center. Il nome è tutto un programma, quindi non vi anticipo nulla, ma consiglio anche a chi non è appassionato di anime di andare. Si trova nello stesso grande edificio che ospita anche il Gundam Cafè, lo Akihabara UDX, entrate e lo troverete al 4° piano.
In zona ci sono anche diversi Maido Cafè, dei bar-ristoranti dove verrete serviti da ragazze in costume Maid Girl, con indosso abiti da cameriera un po' ottocenteschi, pieni di pizzi. Queste ragazze vi accoglieranno con le loro vocine stridule, ma state tranquilli, per lavorare in questi locali devono essere ragazze molto ben educate e saper fare il loro lavoro. Se siete amanti del mondo degli anime o del cosplaying potrete divertirvi molto.
Come avrete capito, Akihabara non è una meta ricca di storia, però a pochi minuti di cammino dalla stazione (sempre Electric Town Exit) sorge il Kanda Jinja. Qui intorno al 15 maggio si tiene il Kanda Matsuri, un festival che richiama migliaia di persone da tutto il paese. Quindi se vi trovate a Tokyo in quel periodo potrebbe essere una buona idea per partecipare a uno dei maggiori festival della città.
Viaggio in Giappone: Tokyo - Guida di Shinjuku
venerdì 4 maggio 2012
Viaggio in Giappone: Tokyo - Guida di Shibuya

mercoledì 18 aprile 2012
Viaggio in Giappone: Tokyo - Guida di Asakusa
martedì 17 aprile 2012
Viaggio in Giappone: Tokyo

Tokyo 東京 è senza ombra di dubbio una delle metropoli più vive del globo, oltre ad esserne l'agglomerato urbano maggiormente esteso e popolato. Inizialmente chiamata Edo, la capitale del Giappone ha preso il nome di Tokyo (Capitale Orientale) con l'inizio del Periodo Meiji e ad oggi è composta da un'insieme di quartieri speciali, chiamati -ku 区, e da altre città inglobate. In particolare, i -ku sono 23 e formano il 'centro' della capitale; ognuno di questi 'municipi' ha una discreta autonomia, ma tutti devono comunque fare riferimento al Governo Metropolitano di Tokyo, con sede a Shinjuku.
La città ha molti centri di interesse culturale, architettonico, storico, sociale e pertanto richiede diversi giorni per far si che un turista riesca a visitare e vedere i luoghi più rilevanti. Spesso però il turista si sofferma sui luoghi classici e più famosi, tralasciando siti altrettanto interessanti che mostrano l'atmosfera della città e della sua cultura da un punto di vista più intimo.
La città detiene alcuni record che per i più possono sembrare bizzarri, come la stazione ferroviaria con la seconda estenzione al mondo e col maggior numero di passeggeri giornalieri (oltre 3 milioni!), ovvero la labirintica stazione di Shinjuku, o da poco la torre per le telecomunicazioni più alta d'Asia, la Tokyo Sky Tree (634 metri), che sarà aperta al pubblico entro l'estate, stando alle fonti giapponesi.
Come già detto poco fa, la città merita una visita di qualche giorno, anche perchè ogni zona ha una sua atmosfera tipica e non viverla, non lasciarsi rapire da questa significa fare un viaggio a metà.
In generale, a Tokyo non ci sono pericolo degni di nota (sempre che si mantenga un comportamento adeguato, altrimenti credo che qualsiasi posto sulla faccia della terra diventi pericoloso!), tranne per quanto riguarda madre natura. Infatti Tokyo, come tutto il Giappone tra l'altro, sorge su un'area altamente sismica, ma la città è tecnologicamente avanzatissima e anche i terremoti più forti non causano danni eccessivi. Ci si sposta in ogni angolo della città con la massima comodità grazie alla fitta rete ferroviaria e per mangiare ci sono ristoranti ovunque e a prezzi non esorbitanti. Gli abitanti in genere possono risultare un po' freddi, a volte anche un po' strambi, ma non vi preocupate, se avrete bisogno di aiuto si faranno in quattro; inoltre, se troverete chi parla un po' di inglese o ancora meglio italiano, si impegneranno al massimo per mostrarvi la loro conoscenza linguistica! Scordatevi i piccoli furti... per noi italiani viaggiare nella metropolitana senza l'ossessione di dover fare attenzione a borseggiatori di vario tipo è sbalorditivo!
Il periodo migliore per recarsi a Tokyo è la primavera, quando le pioggie sono meno costanti, le temperature miti e gli alberi di ciliegio in fiore; attenzione però al periodo che va dalla fine di aprile alla prima settimana di maggio: è il periodo della Golden Week, una settimana di vacanza durante la quale quasi tutti i giapponesi si mettono in viaggio. Le conseguenze sono alberghi pieni e prezzi di alta stagione. Anche l'autunno è un ottimo periodo, perchè come la primavera è abbastanza secco e non troppo freddo, con la natura che cambia colore, passando dal verde-giallastro dell'estate a un bellissimo color rosso. L'estate è calda e molto umida e i temporali improvvisi non sono rari.
Nei post successivi cercherò di introdurre le varie zone singolarmente, cercando anche di attingere alle mie esperienze per darvi dei consigli su quei luoghi lontani dai comuni itinerari turistici.
domenica 15 aprile 2012
Hanami, i Ciliegi in Fiore

Questa è una tradizione centenaria iniziata nel periodo Nara (710-794), quando si ammiravano i fiori di pruno, ma dal successivo periodo Heian (794-1185) prevale il gusto per i fiori di ciliegio. Su questo cambiamento è stata tramandata una storia molto commovente: all'interno del Palazzo Imperiale di Kyōto (l'antica capitale) vi erano due grandi alberi chiamati "Sakon no sakura" (左近の梅, il ciliegio di Sakon) e "Ukon no tachibana" (右近の橘, l'arancio di Ukon). Originariamente al posto dell'albero di ciliegio c'era piantato un pruno. Durante il regno dell'Imperatore Murakami (946-967) quest'albero venne distrutto da un incendio. Un servo dell'Imperatore ordinò a sua figlia di donare il suo pruno preferito per rimpiazzare quello bruciato. Per esprimere il dispiacere nel dover dar via il suo albero preferito la ragazza scrisse una poesia che commosse a tal punto l'Imperatore Murakami che questi decise di restituire l'albero alla fanciulla e di sostituirlo nel cortile del Palazzo Imperiale con un albero di ciliegio. Da qui in avanti il fiore del ciliegio sostituì come immagine di bellezza poetica il fiore del pruno e quando si scriveva "hana" si aveva in mente il "sakura".
Il termine Hanami col significato odierno appare per la prima volta del romanzo Genji Monogatari, scritto intorno all’anno 1000 dalla dama di corte Murasaki Shikibu. Proprio in questa epoca, chiamata periodo Heian, la corte imperiale era solita organizzare feste durante la fioritura dei ciliegi e i sakura diventarono uno dei temi centrali della poesia giapponese. Inizialmente era una tradizione che apparteneva esclusivamente alla nobiltà, ma dal periodo Ashikaga anche i samurai impararono ad apprezzarlo e nel periodo Edo (1604-1868) tutta la popolazione si recava nei parchi per banchettare e divertirsi. I samurai in particolare si sentirono strettamente legati al fiore di ciliegio per via di una frase contenuta in una famosa opera teatrale del XVIII secolo: "Hana wa sakuragi, hito wa bushi" (花は桜木人は武士), ovvero "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il samurai".
E’ importante però considerare che non sempre la fioritura dei ciliegi è stata vista come un evento positivo e benevolo. Infatti, benché oggi la fioritura dei ciliegi è vista come un simbolo di purezza, esiste una tradizione popolare che collega i fiori di ciliegio a episodi di morti cruente. Questo aspetto oggi non è molto conosciuto poiché dal periodo Edo l’Hanami è al centro della vita dei giapponesi e questa tradizione ‘negativa’ si è un po’ persa.
Tradizionalmente, la città di origine dei sakura è Yoshino e sappiamo che anche l’Imperatrice Jito (645-702) vi si recava per ammirarli.
Il sakura è l’emblema del Mono no Aware, la consapevolezza che tutto prima o poi finirà, una qualità estetica che ha stimolato la cultura giapponese per secoli. Infatti il fiore di ciliegio fiorisce, si mostra in tutta la sua bellezza ma in pochi giorni appassisce e cade dal ramo.
L’Hanami ha un’antica tradizione e ancora oggi, durante i giorni in cui i ciliegi sono in fiore, le persone si recano nei parchi per godere della compagnia dei sakura mentre si mangia, si beve, si canta e ci si diverte all’ombra degli alberi fioriti. Immancabili durante questo evento sono birra, sakè e i dango, tipici dolci giapponesi.
L’Hanami non si svolge soltanto durante il giorno: infatti nei parchi più grandi, come lo Ueno kōen di Tōkyō o il castello di Himeji, vengono accese delle lanterne per permettere alle persone di trascorrere del tempo tra i sakura anche durante la notte; questo viene chiamato Yozakura, “sakura di notte”.
La tradizone dell’Hanami è molto importante, ma molto spesso viene considerata soltanto un modo per fare soldi o per divertirsi; a testimonianza di questa tendenza, c’è un famoso proverbio giapponese che recita “花より団子 hana yori dango”, che significa “i dango piuttosto che i fiori”, a dimostrazione che la gente è più interessata a bere e a mangiare piuttosto che ai fiori, quindi più ai beni materiali che all’estetica. Nonostante si sia persa parte della tradizione antica, rimane un momento molto importante per la vita dei giapponesi. Non è soltanto un occasione di svago dalle pressioni lavorative, ma anche un’ottima opportunità per trascorrere del tempo con amici o parenti.
Di recente sta aumentando la popolarità di questo evento in tutto il mondo, soprattutto in Italia, dove in diverse città sono stati appositamente piantati alberi di ciliegio giapponesi. Uno degli appuntamenti che da qualche anno attira tutti gli amanti della cultura nipponica è lo Hanami al Laghetto dell'Eur, a Roma. Una atmosfera molto rilassante circonda gli alberi in fiore e tutti coloro che vi si recano. E' difficile prevedere con esattezza il periodo di fioritura dei ciliegi, ma le ultime due settimane di marzo in genere sono il momento migliore per organizzare un pic-nic alternativo.
Il Tatuaggio Giapponese Irezumi: Storia, Significato e Simbologia

Non sappiamo esattamente quando sia iniziata la pratica dell’irezumi, ma si è concordi a datare la nascita del tatuaggio giapponese nel VI secolo a.C., epoca a cui risalgono le haniwa, statuine di terracotta rinvenute all’interno delle tombe Kofun nella regione del Kinki (che corrisponde approssimativamente all’odierno Kansai). Le haniwa mostrano evidenti segni di tatuaggio sul volto e, visto che la loro funzione era di accompagnare il defunto nell’aldilà, si pensa che i tatuaggi avessero un fine religioso. Ci sono anche teorie secondo le quali il tatuaggio giunse in Giappone dalle culture polinesiane.
Una delle più antiche certificazioni che abbiamo riguardo all’irezumi è contenuta nell’antologia imperiale Nihon Shoki (720 d.C.), in cui si narra che l’Imperatore Richū ordinò di tatuare di nero la zona vicina all’occhio destro della salma di un capo clan traditore della corte.
La pratica del tatuaggio come punizione venne introdotta in Giappone con molta probabilità dalla Cina dei Tang nel VII secolo, momento in cui il Giappone si aprì al continente e importò gran parte della cultura cinese. I tatuaggi punitivi erano dei marchi indelebili sulla pelle del criminale che lo isolavano dal resto della comunità e solitamente erano delle strisce nere sulle braccia o addirittura l’ideogramma di “cane” sulla fronte.
All’inizio del periodo Tokugawa il tatuaggio ebbe un grande impulso artistico collegato alla nascita della nuova cultura del divertimento e dei quartieri di piacere: in questo contesto i tatuaggi divennero un emblema dei sentimenti d’amore, anche tra prostitute e clienti, e nacque la pratica dell’irebokuro入れ黒子, “applicazione di un neo”: i due innamorati si tatuavano un punto nero sulla mano a metà strada tra l’attaccatura del pollice e il polso. In questo modo, quando si sarebbero stretti la mano, la punta del pollice dell’uno avrebbe toccato il neo tatuato dell’altra e viceversa.
Sempre collegato all’amore era il kishibori, un voto sottoforma di tatuaggio che consisteva nel tatuarsi il nome dell’amato/a insieme all’ideogramma di “vita”. Il tatuaggio poteva essere rimosso insieme al voto con l’applicazione di moxa e una gran dose di dolore. La pratica dell’irebokuro venne soppressa dal regime militare dei Tokugawa, che combatteva ogni tipo di individualità.
Fino al 1750 il tatuaggio cadde in disuso, ma da questo periodo i giapponesi ritrovarono un profondo interesse per i tatuaggi, interesse che si è tramandato fino ad oggi. L’opera di grandi artisti dell’epoca contribuì senza ombra di dubbio a questo processo: all’inizio del 1800 venne pubblicata “La nuova edizione illustrata del Suikoden”, arricchita da illustrazioni di Katsushika Hokusai. Questa opera si rifà a un’opera cinese, dove un gruppo di briganti-eroi si ribellano contro la corrotta burocrazia; alcuni dei personaggi avevano dei tatuaggi sul proprio corpo. Hokusai rappresentò in modo così vivido i tatuaggi di questi banditi-eroi che i giapponesi ne rimasero estasiati al punto da dar vita a una nuova diffusione dell’irezumi, che sembra sia stata causata proprio dalla voglia di emulare i personaggi del Suikoden.
Strano a dirsi, un altro fattore fondamentale per la nuova diffusione del tatuaggio fu la creazione del famoso corpo dei pompieri di Edo (l’attuale Tōkyō). Questi dovevano controllare costantemente la città contro gli incendi, un grosso problema della città, e grazie alla loro attività rappresentavano dei valori molto simili a quelli della cavalleria che anche i personaggi di Suikoden condividevano. Quindi, con l’intento di emulare questi eroi, anche i pompieri si fecero tatuare: i loro tatuaggi coprivano tutto il corpo, all’infuori di mani, testa e piedi, ed i temi rappresentati erano di solito simboli di acqua (ad esempio la carpa o il dragone) come buon auspicio per sottrarsi ai pericoli del lavoro. Successivamente la moda di tatuarsi si diffuse anche tra gli artigiani che, in base all’attività che svolgevano, sceglievano sontuosi tatuaggi per distinguersi. Lavorando spesso svestiti, gli artigiani lanciarono nuove mode con tatuaggi che sempre più spesso condividevano i temi con le stampe Ukiyo-e che raffiguravano scene dei quartieri di piacere.
Nel XIX secolo nacque l’iconografia dell’irezumi come la conosciamo oggi: venivano coperti tutta la schiena, i glutei fino a metà coscia, il petto non era tatuato nella parte centrale. Il tatuaggio assume così il valore di una vera e propria opera d’arte, un qualcosa di più della semplice rappresentazione degli artigiani. Ma proprio durante questo secolo il tatuaggio giapponese conobbe una nuova crisi, poiché veniva considerato un fenomeno non idoneo alla morale pubblica, e venne prescritto. L’apertura del paese all’Occidente fu un altro duro colpo per quest’arte: l’irezumi venne ancora una volta prescritto, ma stavolta perché si temeva che lo sfoggio dei costumi autoctoni potesse apparire ridicolo agli occidentali. Ma ironicamente i maestri dell’arte del tatuaggio, ormai disoccupati, trovarono una nuova ed inaspettata clientela: gli stranieri. Il grande Maestro Horichō tatuò, tra gli altri, importanti personaggi come il duca di York (fururo re Giorgio V) e il futuro Zar Nicola II.
Soltanto in seguito alla Seconda Guerra Mondiale il tatuaggio divenne legale, ma ormai il periodo di maggior splendore di questa arte era già un ricordo.
Il Maestro tatuatore utilizza vari tipi di hari, l’ago, che variano da punta a singolo ago a punta a trenta aghi. Sono fissati in un’impugnatura che può essere in legno, avorio o bambù e legati a questa con un sottile filo. Per le linee di contorno vengono usati due o tre aghi, per l’ombreggiatura invece viene utilizzata un’impugnatura più grande che monta fino a trenta hari. Tra i colori, il più importante è senza dubbio l’inchiostro nero India, detto sumi, impiegato per le linee di contorno. Altri colori largamente usati sono il rosso, l’indaco, il giallo e il verde; combinando questi colori si ottengono vari effetti di ombreggiatura.
Molte delle tecniche utilizzate nell’arte del tatuaggio sono identiche a quelle che venivano impiegate dagli autori di stampe: un sistema di linee tracciate e ampie zone di colore. Una volta deciso il soggetto da tatuare, vengono prima tracciate con un pennello le linee del disegno sul corpo, poi si ripassano queste linee con gli aghi, dando vita così al tatuaggio. Quando inizia il suo lavoro, il Maestro appoggia la sua mano sinistra sulla parte del corpo da tatuare, tenendo un pennello e tirando la pelle. La mano destra invece impugna gli aghi legati all’apposito manico. Con questo procedimento gli aghi, prima di bucare la pelle, passano attraverso i peli del pennello, bagnandosi di inchiostro. La pelle viene così punta con gli aghi intinti di colore a una velocità che può arrivare fino ai 120 colpi al minuto.
Il metodo giapponese è uno dei più complicati e controllati del mondo: queste caratteristiche non sono dovute soltanto alle tecniche ma anche al complesso cerimoniale a cui sia il Maestro che il cliente devono attenersi: tutto inizia con una visita del cliente a casa del Maestro, che può accettare e rifiutare la richiesta. Infatti i rifiuti sono molto diffusi perché i Maestri non vogliono assolutamente creare opere che possano rendere la loro arte inferiore.
Si dice anche che la pratica giapponese sia molto dolorosa: per tatuare alcune parti del corpo, come inguine, ascelle o pene, alcuni Maestri mischiavano della cocaina nel colore come anestetizzante.
Tutti i tatuaggi, più o meno, hanno un significato che rappresenta qualcosa per chi lo porta. Nei tatuaggi giapponesi purtroppo spesso l’effetto estetico finale colpisce più del suo vero significato. Il repertorio di immagini è abbastanza ristretto e l’iconografia si limita alla rappresentazione di elementi della natura, motivi religiosi, rappresentazione di eroi e figure del folklore popolare.
La flora è comunemente ristretta alla rappresentazione di peonie, aceri e sakura. Non si sa bene il vero significato di questi elementi, ma si pensa che abbiano soltanto un valore decorativo. Questo discorso non vale per il sakura, che in Giappone è il simbolo della vacuità in ogni genere di arte. Chi porta il fiore di ciliegio esprime la propria armonia con la natura delle cose. La sua pelle è fragile come i petali di ciliegio ed egli ne è consapevole.
Uno degli animali più rappresentato è la carpa; nel tatuaggio giapponese, la carpa che risale la cascata viene realizzata molto spesso sulla schiena. Altro tema popolare è il drago, che rappresenta gli opposti dell’acqua e del fuoco e si pone come una sorta di conciliazione di opposti, lo yin e lo yang, la cui sola esistenza simboleggia un qualcosa di completo. Il drago viene realizzato in varie posizioni (supino, in volo) che simboleggiano diversi significati, come energia, metamorfosi…
La religione è una parte integrante dell’irezumi. Le raffigurazioni religiose includono preghiere in sanscrito, cinese o giapponese e appaiono sulla schiena. Bisogna considerare che non troveremo mai rappresentata una grande divinità come il Buddha, ma sempre kami dello Shintoismo, entità minori come boddhisattva o i due Niō (guardiani forti e spaventosi che allontanano le entità maligne). Chi si tatua i Niō desidera essere proprio come loro, potente e difensore della fede. Sempre in ambito religioso, altro tema molto ricorrente è Kannon.
Oltre ai già citati personaggi del Suikoden, nel tatuaggio giapponese c’è un altro tema del folklore molto ricorrente: Kintarō, un eroe della tradizione che viene quasi sempre raffigurato insieme a una carpa. Entrambi simboleggiano una grande forza e Kintarō, molto forte benché piccolo di statura, è molto popolare tra i giapponesi, che vi si rispecchiano.
E’ importante considerare sempre che una delle maggiori fonti d’ispirazione per l’irezumi è il mondo dell’Ukiyo-e.
Uno dei più grandi Maestri giapponesi ancora in vita è Horiyoshi III, nato nel 1946 e che vanta un’innumerevole serie di pregiati lavori. Il suo nome di battesimo è Yoshihito Nakano, ma divenne Horiyoshi III grazie a Horiyoshi II, il figlio del grande Maestro Muramatsu Yoshitsugu, detto Shodai Horiyoshi, forse il più grande tatuatore dell’epoca contemporanea. Horiyoshi è un titolo onorifico che rimanda subito al mondo dei tatuaggi, dove hori significa ‘incidere’, come nella parola horimono.
Il suo interesse per l’irezumi nacque proprio dopo aver visto uno yakuza completamente tatuato. I lavori sono realizzati a libero gusto del Maestro e quindi il cliente non ha molta voce in capitolo, possono arrivare a costare migliaia di euro e richiedono anche diversi anni per essere completati.
Fortunatamente Horiyoshi III ha un erede, il figlio Kazuyoshi Nakano, che diventerà Horiyoshi IV, ma ancora è soltanto un apprendista. Se ci si reca a Tōkyō e si vogliono ammirare alcuni lavori di Horiyoshi III, un luogo da visitare assolutamente è il “Museo del Tatuaggio” di Yokohama.
Oggi il tatuaggio in Giappone è spesso associato all’idea di yakuza: sono proprio i membri della cosiddetta “mafia gialla” a portare grandi tatuaggi su tutto il corpo, quasi come segno di riconoscimento. Per questo motivo, nonostante molti giovani si fanno tatuare solo per gusto, in molti bagni pubblici o terme giapponesi non è consentito l’ingresso a persone tatuate.
Purtroppo l’antica arte dell’irezumi si sta via via estinguendo, poiché i maestri che conoscono le antiche tecniche stanno scomparendo e i giovani preferiscono utilizzare macchinari moderni; ben presto i pochi maestri rimasti moriranno e l’arte dell’irezumi si estinguerà per sempre.